Δεν γνωρίζουμε ούτε το πώς είναι εμφανισιακά, ούτε το όνομά του.
Αλλ΄αυτό που ξέρουμε είναι κάτι που δεν κάνει τα πράγματα καλύτερα,
ήρθε από το Μάλι, ήταν 14 ετών και η ελπίδα για μια νέα ζωή ήταν
ραμμένη πάνω του, με την μορφή ενός σχολικού ελέγχου.
La storia del piccolo migrante senza nome annegato
con una pagella scolastica cucita addosso
*Η ιστορία είναι παλιά και συγκεκριμένα από τις 18 Απριλίου 2015,
και αφορά στο τρομερό ναυάγιο της Μεσογείου που στοίχισε την ζωή σε
πάνω από χίλια άτομα–οι περισσότεροι εκ των οποίων, αγνώστων στοιχείων– αλλά ήρθε ξανά στο φως της δημοσιότητας από την Κριστίνα Κατανέο, την ιατροδικαστή που τα τελευταία χρόνια ασχολείται με την αναγνώριση των σωμάτων των μεταναστών που χάνουν την ζωή τους στη θάλασσα και που αποφάσισε να συγκεντρώσει
όλες αυτές τις ιστορίες μετανάστευσης σε ένα βιβλίο που ονομάζεται
«Naufraghi senza volto».
Για το ευρύ κοινό, όμως η ιστορία έγινε γνωστή χάρη σε ένα καρτούν του Makkox, του σκιτσογράφου που εμπλουτίζει τις σελίδες της L'Espresso και που στις 11 Ιανουαρίου αφιέρωσε στην Il Foglio ένα σχέδιο για το αγόρι χωρίς όνομα.
*Στο βιβλίο της, η Κατανέο λέει πως ο έφηβος «φορούσε ένα σακάκι, ένα γιλέκο, ένα πουκάμισο και τζιν» και πως ο μόνος τρόπος για να καταλάβει την ηλικία του ήταν εκείνος της ανάλυσης των λειψάνων του.
Βασισμένη σε πορίσματα από τις 3 Οκτωβρίου 2013 ως τις 18 Απριλίου 2015, η Κατανέο καταγράφει τις ανατριχιαστικές εμπειρίες της, καθώς προσπαθεί να δώσει όνομα στα ανώνυμα πτώματα, να προσδιορίσει την ηλικία και την καταγωγή τους. Αλλά σε μερικές περιπτώσεις, ακόμη και να αποκωδικοποιήσει τα όνειρά τους. Το δεκατετράχρονο αγόρι από το Μάλι της Αφρικής, είχε ένα κομμάτι χαρτί με τετραγωνάκια διπλωμένο μέσα στην τσέπη του τζιν του. «Προσπάθησα να το ξεδιπλώσω χωρίς να το καταστρέψω, το νερό της θάλασσας είχε ήδη κάνει μεγάλη ζημιά. Οταν τελικά κατάφερα να το ανοίξω, είδα με μεγάλη μου έκπληξη ότι επρόκειτο για τον σχολικό του έλεγχο, με τους βαθμούς που είχε πάρει στα μαθηματικά, τη φυσική και στο μάθημα της επιστήμης,γραμένο στα γαλλικά.Το φαντάζεστε; Ηταν ο σχολικός του έλεγχος!» λέει η ιταλίδα ιατροδικαστής.
*Δεν γνωρίζουμε -και πιθανότατα δεν θα μάθουμε ποτέ- τους λόγους
που οδήγησαν το αγόρι να κρατήσει τον έλεγχο με τόσο μεγάλη προσοχή.
Πιθανότατα να θεωρούσε πως ήταν το εισιτήριό του για μια καλύτερη ζωή,
το διαβατήριο για να γίνει δεκτός στην κοινότητα που ονειρευόταν να φτάσει.
Una foto, un guanto, una sim: sono gli oggetti con cui in Sicilia vengono identificate le vittime morte nel barcone affondato nel Canale di Sicilia nel 2015. Una missione per i loro parenti. E per la dignità
14 novembre 2016
https://www.repubblica.it/venerdi/articoli/2016/11/14/news/cosi_diamo_un_nome_ai_fantasmi_del_mare-152005581/?fbclid=IwAR1MjBeQY3Vkksc8QxTdvy7CBBSezcaPra0pDfWxzAea1rNlDfp_Dv-1Hf8
MELILLI (Siracusa). Lui è del Gambia. Nella tasca esterna dei jeans incollati attorno a quel che resta del suo corpo seppellito sotto una catasta di altri corpi c'è la sua tessera di donatore di sangue. Ripiegato in otto, nell'altra tasca, c'è un foglietto sbiadito: sembra una pagella scolastica, forse quella di suo figlio, un lembo di famiglia che si è portato dietro in quello che è stato il suo ultimo viaggio. Lei chissà da dove viene, Africa subsahariana sicuramente a giudicare dal sacchetto di stoffa a fiori che racchiude un pugnetto di terra del suo Paese. Al collo ha una croce di legno, quindi è sicuramente cristiana. Forse è suo figlio quel ragazzino rannicchiato in posizione fetale contro di lei, avrà avuto 7 anni dicono i medici, si è portato dietro i guanti neri con l'immagine dell'Uomo Ragno, era sicuro che ne avrebbe avuto bisogno, avrebbe visto l'inverno da qualche parte in Europa. Dal grande ventre, ma anche dagli anfratti più nascosti del barcone rimasto in fondo al Canale di Sicilia per più di un anno dopo il drammatico naufragio del 18 aprile 2015, insieme ai 676 corpi fin qui tirati fuori grazie all'incredibile lavoro dei Vigili del fuoco e della Croce rossa, viene alla luce un piccolo tesoro. Un collage di oggetti e documenti, medicine e ricordi di famiglia, legami indissolubili con i mariti, le mogli, i genitori, i figli, con quella terra abbandonata per sempre. Sono l'unica speranza a cui si aggrappa chi è rimasto laggiù di poter piangere sul corpo di chi è partito e non è mai arrivato.
«L'operazione che stiamo portando avanti è straordinaria sotto il profilo scientifico e umanitario ma anche umano» dice la professoressa Cristina Cattaneo, responsabile del Labanof, il Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell'Università di Milano che dirige il team di medici legali ed esperti di diverse università italiane che da quattro mesi lavorano senza sosta all'interno della base Nato di Melilli. Qui è stato portato il barcone con tutto il suo carico di morte recuperato dalla Marina militare italiana a 376 metri di profondità, 78 miglia a nord di Tripoli, su disposizione della Presidenza del consiglio. «Una grandissima operazione che si fa per ridare dignità ai morti, ma che si fa anche per i vivi. Ignorare se tuo padre o tuo figlio è vivo o morto fa prendere una deriva patologica ai familiari. Ma sappiamo quanto sia fondamentale dare un nome a queste persone anche dal punto di vista amministrativo. Magari qui pensiamo che in Africa nessuno le cerchi, ma non è così. In Senegal, in Gambia, in altri Paesi ci sono associazioni di vedove e orfani che, senza una certificazione di morte del loro congiunto, non possono vedere riconosciuti i loro diritti. Tanto per dirne una: se un bambino non ha il certificato di morte del padre, non ha diritto al ricongiungimento familiare con il parente più prossimo, che magari vive in Europa».
Ed ecco allora che gli oggetti recuperati e poi catalogati con grande cura e attenzione diventano un "tesoro". Ora si trovano nelle mani dei funzionari dell'ufficio del Commissario di governo per le persone scomparse, Vittorio Piscitelli, che nelle prossime settimane avvierà la fase 2 dell''operazione Melilli", quella che – con il coinvolgimento delle rappresentanze diplomatiche e delle organizzazioni umanitarie – proverà ad arrivare all'identificazione del maggior numero possibile di uomini, donne, ragazzini, bambini. Che nel frattempo, dopo gli esami medico-legali e il prelievo del Dna, verranno sepolti nei cimiteri della Sicilia. Sulla bara avranno un semplice numero. Ma il Dna, purtroppo, non basta per dare un nome e un volto a un cadavere. Può essere ben più importante uno spazzolino da denti custodito nella tasca di una giacca, un Corano con degli appunti scritti a mano o dei versetti sottolineati, un tesserino delle vaccinazioni, persino la carta sim bruciacchiata di un telefono cellulare. Anche un biglietto da visita della "Agence de voyage Tin" può fornire un indizio importante, magari c'è qualcuno che sa indicare i nomi dei "clienti" che non sono mai arrivati. Oppure può essere utile un mazzetto di minuscole carte da gioco. Il portafoglio in pelle, nero, quello con le impunture beige, ha un valore inestimabile: dentro, oltre a due banconote, ci sono le fototessere sbiadite di due donne, probabilmente la moglie e la sorella del proprietario, c'è persino un foglietto con diversi numeri di telefono a fianco di nomi scritti in arabo.
Nessuno parte senza niente: tutti, gli uomini, le donne, persino i bambini, infilano nelle tasche, sotto le magliette, intorno al collo, portano un pezzo di ciò che si lasciano indietro per sempre. Lavorano in team senza sosta medici legali, investigatori, funzionari dell'Ufficio persone scomparse, mediatori culturali: ogni oggetto è un indizio, ogni nome e ogni numero un amo "di ritorno" sull'altra costa del Canale di Sicilia. «Noi abbiamo mantenuto fede alla nostra promessa, quella fatta dal presidente del Consiglio Matteo Renzi all'indomani del naufragio» dice il prefetto Vittorio Piscitelli. «Abbiamo recuperato il barcone, abbiamo recuperato i corpi delle vittime e adesso la nostra scommessa è quella di riuscire a metterci in contatto con chi, dal Sudan alla Somalia, dal Mali al Gambia, dall'Etiopia al Senegal, dalla Costa d'Avorio all'Eritrea, dalla Guinea al Bangladesh, da un anno e mezzo non ha più notizie dei propri cari partiti per l'Europa. Stiamo cercando di raccogliere nei Paesi d'origine i dati delle famiglie. Attraverso i canali diplomatici faremo arrivare nei villaggi le richieste per avere elementi identificativi dei loro cari scomparsi e diremo loro dove andare a visionare le foto degli oggetti da noi recuperati. Poi porteremo questo materiale a supporto dei colloqui che cercheremo di avere con i familiari assistiti dagli psicologi».
Sarebbero d'aiuto anche le testimonianze dei soli 28 superstiti di quello che, stando ai numeri, è certamente il più drammatico naufragio nella storia dell'immigrazione: 676 i corpi recuperati, ma verosimilmente di più, tra le 750 e le 800, le vittime stimate su quel barcone di 150 tonnellate di stazza sul quale gli scafisti avevano stipato cinque persone per metro quadro. Ovunque, in qualsiasi angolo, secondo un copione ormai rodato: in coperta con i giubbotti salvagente chi pagava di più, e poi via via scendendo, nella stiva, nella sala macchine fino al girone dantesco della sala delle pompe di sentina.
Dopo tre mesi di lavoro su quei poveri corpi violati, su quell'ammasso di ossa spesso difficili da attribuire a un solo corpo, si commuove ancora la professoressa Cattaneo quando prova a raccontare una delle esperienze più terribili della sua storia professionale. «Impossibile abituarsi a questo orrore. A queste persone vogliamo ridare dignità e soprattutto vogliamo fare qualcosa di importante per loro. Qualcosa in cui crediamo e per cui l'Italia sta facendo da apripista in campo mondiale. Vogliamo trattare questi migranti come faremmo con qualsiasi cittadino occidentale rimasto vittima di un disastro aereo o di un'altra tragedia. Per la comunità internazionale identificarli è un obbligo».
Nella base Nato di Melilli, il barcone della morte è ormai un guscio svuotato. Del suo carico di orrore ma non del significato. «Quella che l'Italia ha mantenuto» dice il sottosegretario all'Interno Domenico Manzione «non è una promessa fine a se stessa, ma una promessa davanti alla quale ci si aspetta che l'Europa mantenga i suoi impegni finora disattesi. Per questo ci piacerebbe portare il barcone a Bruxelles davanti ai palazzi dell'Europa».
(11 novembre 2016)
La Repubblica si fonda sui lettori come te, che ogni mattina ci comprano in edicola, guardano il sito o si abbonano a Rep:. È con il vostro contributo che ogni giorno facciamo sentire più forte la voce del giornalismo e la voce di Repubblica.
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Mario Calabresi
https://www.repubblica.it/venerdi/articoli/2016/11/14/news/cosi_diamo_un_nome_ai_fantasmi_del_mare-152005581/?fbclid=IwAR1MjBeQY3Vkksc8QxTdvy7CBBSezcaPra0pDfWxzAea1rNlDfp_Dv-1Hf8
τον έλεγχό του στα ψάρια, με τον καρχαρία να εντυπωσιάζεται βλέποντας
πως είχε σε όλα άριστα.
.
Non ne conosciamo il volto, non ne conosciamo il nome.
Ma non per questo ciò che sappiamo di lui fa meno male: veniva dal Mali,
aveva 14 anni e la speranza di una nuova vita cucita addosso,
sotto forma di una pagella della scuola che in patria non avrebbe potuto frequentare più.
- La storia risale al 18 aprile 2015,al terribile naufragio nel Mediterraneo che fece
più di mille vittime - la maggior parte delle quali non identificate - ma a riportarla d'attualità ci ha pensato Cristina Cattaneo, il medico legale che negli ultimi anni si
è occupata di riconoscere i corpi dei migranti annegati in mare e che ha deciso di raccogliere molte di queste storie di migrazione in un volume dal titolo Naufraghi
senza volto (Cortina Editore). Al grande pubblico, però, la storia è arrivata grazie
ad una vignetta di Makkox, il disegnatore che arricchisce le pagine de L'Espresso
e che l'11 gennaio su Il Foglio aveva dedicato una vignetta al ragazzo senza nome.
- Nel libro di Cattaneo si legge che l'adolescente "era vestito con una giacca simile
a un piumino, un gilè, una camicia e dei jeans" e che l'unico modo per risalire alla
sua età è stato quello di analizzarne i resti. Era privo di documenti che ne accertassero l'identità, ma all'interno della giacca aveva cucito qualcosa di ancora più prezioso: una pagella scolastica. In un passaggio del libro Cattaneo racconta i momenti della scoperta, con il plico di carta sbiadito e ripiegato su sé stesso che riportava i nomi della materie, in francese.
- Non sappiamo - e con molta probabilità non sapremo mai - le ragioni che portarono
il ragazzo a custodire con tanta cura il documento. Probabilmente lo considerava il suo biglietto per una vita migliore, un pass per essere accettato nella comunità che sognava di raggiungere. La dimostrazione pratica che lui non era "solo" un migrante, ma un
essere umano con una storia, anche scolastica. Una storia che oggi è diventata il
simbolo dei viaggi della speranza, un monito affinché tragedie come questa non
accadano mai più.
- Un'aspettativa purtroppo disattesa, come indicano i dati. Secondo l'Unhcr le persone morte o disperse nel Mediterraneo sono state 1.311 nel solo 2018, più di 55 ogni mille arrivi.
*https://www.repubblica.it/cronaca/2019/01/17/news/ragazzo_
migrante_annegato_pagella_cucita-216782265/
Una pagella cucita in tasca: la storia del bambino morto in mare
Migranti morti nel Mediterraneo,
gli anatomopatologi al lavoro per identificarli
-
Cristina Cattaneo (a destra) con Alberto Amadasi e Angelo Montana e Lara Olivieri
mentre i risultati di un'autopsia (Foto di Salvatore Cavalli dal libro «Naufraghi senza volto» di Cristina Cattaneo, per gentile concessione di Raffaello Cortina Editore)
- foto https://www.corriere.it/foto-gallery/cronache/19_gennaio_17/migranti-morti-
mediterraneo-anatomopatologi-lavoro-identificarli-f5add858-1a49-11e9-b5e1-e4bd7fd19101.shtml?refresh_ce-cp
~
- http://www.lecronachelucane.it/2019/01/17/naufraghi-senza-volto-cadaveri-senza-nome-nel-nostro-mar-mediterraneo-rosso-sangue/
Naufraghi senza volto. L’autrice, Cristina Cattaneo racconta i drammi
dei corpi dei migranti affogati a cui, come patologa, cerca di dare un nome
.
-https://www.youtube.com/watch?time_continue=35&v=a3yYXIhqfGs
.- http://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/cristina-cattaneo/naufraghi-senza-volto-9788832850574-2867.html
- https://www.goodreads.com/book/show/42967093-naufraghi-senza-vol
Makkox Official
...ήθελε να ξέρουν όλοι πως ήταν καλός μαθητής...
Il piccolo olocausto della nostra civiltà e coscienza
Makkox Official
*Το σκίτσο του Makkox, που κάνει τον γύρο των μέσων κοινωνικής δικτύωσης, δείχνει το μελαμψό παιδί να κάθεται στον βυθό της θάλασσας και να δείχνειτον έλεγχό του στα ψάρια, με τον καρχαρία να εντυπωσιάζεται βλέποντας
πως είχε σε όλα άριστα.
.
Non ne conosciamo il volto, non ne conosciamo il nome.
Ma non per questo ciò che sappiamo di lui fa meno male: veniva dal Mali,
aveva 14 anni e la speranza di una nuova vita cucita addosso,
sotto forma di una pagella della scuola che in patria non avrebbe potuto frequentare più.
- La storia risale al 18 aprile 2015,al terribile naufragio nel Mediterraneo che fece
più di mille vittime - la maggior parte delle quali non identificate - ma a riportarla d'attualità ci ha pensato Cristina Cattaneo, il medico legale che negli ultimi anni si
è occupata di riconoscere i corpi dei migranti annegati in mare e che ha deciso di raccogliere molte di queste storie di migrazione in un volume dal titolo Naufraghi
senza volto (Cortina Editore). Al grande pubblico, però, la storia è arrivata grazie
ad una vignetta di Makkox, il disegnatore che arricchisce le pagine de L'Espresso
e che l'11 gennaio su Il Foglio aveva dedicato una vignetta al ragazzo senza nome.
- Nel libro di Cattaneo si legge che l'adolescente "era vestito con una giacca simile
a un piumino, un gilè, una camicia e dei jeans" e che l'unico modo per risalire alla
sua età è stato quello di analizzarne i resti. Era privo di documenti che ne accertassero l'identità, ma all'interno della giacca aveva cucito qualcosa di ancora più prezioso: una pagella scolastica. In un passaggio del libro Cattaneo racconta i momenti della scoperta, con il plico di carta sbiadito e ripiegato su sé stesso che riportava i nomi della materie, in francese.
- Non sappiamo - e con molta probabilità non sapremo mai - le ragioni che portarono
il ragazzo a custodire con tanta cura il documento. Probabilmente lo considerava il suo biglietto per una vita migliore, un pass per essere accettato nella comunità che sognava di raggiungere. La dimostrazione pratica che lui non era "solo" un migrante, ma un
essere umano con una storia, anche scolastica. Una storia che oggi è diventata il
simbolo dei viaggi della speranza, un monito affinché tragedie come questa non
accadano mai più.
- Un'aspettativa purtroppo disattesa, come indicano i dati. Secondo l'Unhcr le persone morte o disperse nel Mediterraneo sono state 1.311 nel solo 2018, più di 55 ogni mille arrivi.
*https://www.repubblica.it/cronaca/2019/01/17/news/ragazzo_
migrante_annegato_pagella_cucita-216782265/
Una pagella cucita in tasca: la storia del bambino morto in mare
La sua storia è raccontata in Naufraghi senza volto (Cortina Editore)
il libro appena pubblicato da Cristina Cattaneo.
La storia del migrante è stata disegnata dal vignettista di Propaganda
Live Makkox. In tasca il medico legale incaricato dell’autopsia gli trovò
appunto una pagella scolastica, cucita nella tasca.
(Continua a leggere dopo la foto)
il libro appena pubblicato da Cristina Cattaneo.
La storia del migrante è stata disegnata dal vignettista di Propaganda
Live Makkox. In tasca il medico legale incaricato dell’autopsia gli trovò
appunto una pagella scolastica, cucita nella tasca.
(Continua a leggere dopo la foto)
A raccontare questa storia è proprio l’anatomopatologa Cristiana Catteneo,
del laboratorio Labanof (laboratorio di antropologia e odontologia forense),
nel libro “Naufraghi senza volto” appena pubblicato da Raffello Cortina Editore. Nel volume, di cui il Corriere della Sera riporta oggi alcuni stralci, Cattaneo descrive il momento in cui lei e i suoi colleghi trovarono la pagella.
”Mentre tastavo la giacca, sentii qualcosa di duro e quadrato.
Tagliammo dall’interno per recuperare, senza danneggiarla, qualunque
cosa fosse. Mi ritrovai in mano un piccolo plico di carta composto da
diversi strati”.
(Continua a leggere dopo la foto)
del laboratorio Labanof (laboratorio di antropologia e odontologia forense),
nel libro “Naufraghi senza volto” appena pubblicato da Raffello Cortina Editore. Nel volume, di cui il Corriere della Sera riporta oggi alcuni stralci, Cattaneo descrive il momento in cui lei e i suoi colleghi trovarono la pagella.
”Mentre tastavo la giacca, sentii qualcosa di duro e quadrato.
Tagliammo dall’interno per recuperare, senza danneggiarla, qualunque
cosa fosse. Mi ritrovai in mano un piccolo plico di carta composto da
diversi strati”.
(Continua a leggere dopo la foto)
”Cercai di dispiegarli senza romperli e poi lessi: Bulletin scolaire e, in colonna,
le parole un po’ sbiadite mathematiques, sciences physiques… Era una pagella. ‘Una pagella’, qualcuno di noi ripeté a voce alta. Pensammo tutti la stessa cosa, ne sono sicura: con quali aspettative questo giovane adolescente del Mali aveva con tanta cura nascosto un documento così prezioso per il suo futuro, che mostrava i suoi sforzi, le sue capacità nello studio, e che pensava gli avrebbe aperto chissà quali porte di una scuola italiana o europea, ormai ridotto a poche pagine scolorite intrise di acqua marcia?”.
(Continua a leggere dopo la foto)
le parole un po’ sbiadite mathematiques, sciences physiques… Era una pagella. ‘Una pagella’, qualcuno di noi ripeté a voce alta. Pensammo tutti la stessa cosa, ne sono sicura: con quali aspettative questo giovane adolescente del Mali aveva con tanta cura nascosto un documento così prezioso per il suo futuro, che mostrava i suoi sforzi, le sue capacità nello studio, e che pensava gli avrebbe aperto chissà quali porte di una scuola italiana o europea, ormai ridotto a poche pagine scolorite intrise di acqua marcia?”.
(Continua a leggere dopo la foto)
Solo l’anno scorso hanno perso la vita nel Mediterraneo almeno 2 mila persone, secondo i dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni. L’Oim stima che siano circa 30.000 i morti in mare negli ultimi 15 anni. Cattaneo ha lavorato in un progetto sperimentale con una task-force per dare un nome ai migranti vittime dei naufragi, individuando una procedura-tipo.
Migranti morti nel Mediterraneo,
gli anatomopatologi al lavoro per identificarli
-
Cristina Cattaneo (a destra) con Alberto Amadasi e Angelo Montana e Lara Olivieri
mentre i risultati di un'autopsia (Foto di Salvatore Cavalli dal libro «Naufraghi senza volto» di Cristina Cattaneo, per gentile concessione di Raffaello Cortina Editore)
- foto https://www.corriere.it/foto-gallery/cronache/19_gennaio_17/migranti-morti-
mediterraneo-anatomopatologi-lavoro-identificarli-f5add858-1a49-11e9-b5e1-e4bd7fd19101.shtml?refresh_ce-cp
~
- http://www.lecronachelucane.it/2019/01/17/naufraghi-senza-volto-cadaveri-senza-nome-nel-nostro-mar-mediterraneo-rosso-sangue/
Naufraghi senza volto. L’autrice, Cristina Cattaneo racconta i drammi
dei corpi dei migranti affogati a cui, come patologa, cerca di dare un nome
.
-https://www.youtube.com/watch?time_continue=35&v=a3yYXIhqfGs
.- http://www.raffaellocortina.it/scheda-libro/cristina-cattaneo/naufraghi-senza-volto-9788832850574-2867.html
- https://www.goodreads.com/book/show/42967093-naufraghi-senza-vol
Makkox Official
...ήθελε να ξέρουν όλοι πως ήταν καλός μαθητής...
Il piccolo olocausto della nostra civiltà e coscienza
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